IL MASTER DI BALLANTRAE di Robert Louis Stevenson
Una grande storia … venata di giallo
A distanza di oltre un secolo, il Master di Ballantrae non cessa di piacere e di stupirci.
Stevenson è abile nel portarci nei più profondi recessi dell’animo umano e nel farci cogliere sfumature, contraddizioni, simulazioni e paure; a mostrarci la forza della malvagità , cui animi candidi non sempre riescono a opporsi.
La storia, che vanta precedenti illustri nella Bibbia, con Esaù che vende la primogenitura a Giacobbe, narra di due fratelli, James ed Henry. James, il maggiore, vive una vita d’avventure fuori patria, lasciando il fratello nella dimora di famiglia, destinandolo così a diventare Lord al posto suo. Henry, a sua volta, accetta il compito, nonostante la fatica che questo comporta.
James nel corso della sua vita ricca di avventure, partenze e ritorni improvvisi e spettacolari, continua ad accusare il fratello di avergli scippato la primogenitura; Henry, docile e onesto, non riesce a sfuggire al fascino malefico che emana dal fratello e che lo condurrà a un inesorabile declino.
Testimone impotente della vicenda è Mackellar, amministratore dei beni di famiglia, fedele a Henry, acerrimo nemico di James.
Il romanzo si snoda nel tempo e nello spazio, ricostruendo le vicende alle quali il protagonista non ha potuto assistere, attraverso documenti rinvenuti, lettere, resoconti di viaggi riportati per intero. In questo modo la storia viene raccontata da testimoni differenti e l’abilità di Stevenson consiste, oltre che nell’invenzione di avventure sempre più coinvolgenti, nella differenziazione del tono narrativo.
Burke e Mackellar, testimoni impotenti, non potranno far altro che assistere alla tragica fine dei due fratelli.
Che sapore rimane? Un sapore amaro, che nemmeno i bicchieri di vino invecchiato – bevuto con generosità - riescono a raddolcire.
